L’INIZIATIVA. Con un dibattito promosso dall’Age sulle politiche sociali ha preso il via a Brixia Expo la prima giornata
Ammortizzatore sociale quando serve, o simbolo di una dimensione privata che la sfera pubblica può permettersi di dribblare: è la famiglia. E tra le pieghe di questa concezione «distorta» si è insinuato il dibattito «La famiglia e le politiche sociali: perché non c’è?», promosso dall’Age per la prima di «Famiglia in festa» al Brixia Expo. Una provocazione per capire come è cambiata la famiglia negli anni (il 12% è mono-genitoriale, il 18 % conta quattro componenti e il 21% tre, le convivenze sono il 4%).«Come ridefinire in modo condiviso la famiglia - chiede Giuseppe Richiedei, consigliere Age Lombardia -? Esistono 20 milioni di nuclei in Italia, eppure quando si tratta di sedersi ai tavoli di vertice e decidere, diventano fantasmi. Perché la famiglia non viene più concepita come perno di aggregazione sociale, al punto da fermare al 4% del Pil il welfare familiare italiano, rispetto alla media europea che vale il doppio».Sull’«esserci-non esserci» si è sviluppata la discussione, passando dalle politiche economiche ( il bonus famiglia ha premiato solo il 7% delle coppie con un figlio) e da una proiezione preoccupante: l’Italia rischia di conquistare il podio europeo nella classifica delle nuove famiglie povere. «E la finanziaria 2010 non dispone provvedimenti strutturali, anzi: il bonus da 2,4 miliardi è stato cancellato - sottolinea Pietro Boffi del Centro internazionale studi famiglia -. Manca una visione sistematica della famiglia, intesa come sottosistema societario».«È su due fronti che la politica deve muoversi: culturale - riconoscendo la famiglia come capitale sociale- e concreto, con misure sociali e fiscali ad hoc, come il quoziente familiare, in sinergi! a con le associazioni» - spiega la senatrice del Pd Emanuela Baio.«SI È DATO PER scontato che, essendo un’istituzione naturale, la famiglia ce l’avrebbe fatta da sola: è il pensiero di fondo che deve cambiare - rileva Margherita Peroni, consigliere al Pirellone -. La legge regionale 23/99 punta proprio sull’associazionismo familiare».A spezzare una lancia per quello che si è fatto è l’assessore provinciale Aristide Peli: «Abbiamo aumentato gli sportelli di consulenza e la partecipazione dei genitori nelle scuole». «Abbiamo anche azzerato le liste di attesa per i nidi comunali ed erogato 700 mensilità per i neo-genitori in aspettativa», aggiunge il collega in Loggia, Giorgio Maione. «Costituire una famiglia è sempre più difficile: i ruoli cambiano e le fragilità aumentano. Chiediamo politiche sociali e fiscali coordinate», chiude il presidente nazionale Age Davide Guarneri.
lunedì 7 dicembre 2009
domenica 22 novembre 2009
La teledipendenza nel biberon
La teledipendenza nel biberon"Baby TV", una trovata consumistica molto discutibile
La nascita di "Baby TV", recentemente lanciata da Sky, rivolta particolarmente alla fascia 0/3 anni, lascia l'A.Ge. - Associazione Italiana Genitori - semplicemente senza parole, considerando l'audacia cui si giunge pur di conquistare nuove fette di mercato, soprattutto ai fini della raccolta di pubblicità. Già l'autorità francese per le Comunicazioni aveva espresso molte perplessità sulla TV per i lattanti, così come in Italia, nel 2006, il Consiglio nazionale degli Utenti aveva dichiarato che "una tv per neonati si configura solo come imbonimento e non divertimento"...
Nonostante tutto il progetto è proseguito, e l'A.Ge. ne vuole chiaramente evidenziare i rischi, perché fino a due anni un bambino non ha elaborato sufficienti attività cognitive che lo rendano capace di mediazione, di critica e di scelta.
I neonati e i bambini hanno bisogno di papà, di mamme, di fratelli e nonni con cui giocare; hanno bisogno di contatto, di manipolare, di muoversi, di sperimentare. Proprio nei primi anni si pongono le premesse per lo sviluppo del pensiero, della creatività, delle relazioni interpersonali: Baby TV non potrà che incoraggiare la passività e frenare lo sviluppo psicomotorio. A ciò si aggiungano i rischi per la salute e la predisposizione all'obesità che, secondo molti autorevoli studi scientifici, è indotta dalla prolungata esposizione alla TV. Ancora una volta l'appello è affinché i neonati e i bambini siano rispettati nel loro diritto ad essere piccoli.
L'Italia deve compiere ancora molti passi in avanti: l'Istituzione del Garante dei Minori, la piena autonomia e il rafforzamento delle Autorità di Garanzia e Tutela dei minori di fronte ai media, l'aumento di risorse per realizzare vere politiche familiari, insieme a ludoteche, "spazi genitori", aree urbane verdi accoglienti per le famiglie sono le condizioni per avere, domani, cittadini in salute psicofisica e pienamente attivi. E' necessaria, inoltre, una incisiva azione di "media education" (educazione ai media e con i media), pressoché totalmente assente nel nostro Paese.
La sudditanza alla "TV babysitter" e all'idea che il crescere dei consumi corrisponda al benessere del Paese sono solo frutto della miopia e dell'egoismo di adulti ripiegati su se stessi, che accettano l'idea di mettere al mondo creature teledipendenti, consumatori fidelizzati per i mercati di domani.
La nascita di "Baby TV", recentemente lanciata da Sky, rivolta particolarmente alla fascia 0/3 anni, lascia l'A.Ge. - Associazione Italiana Genitori - semplicemente senza parole, considerando l'audacia cui si giunge pur di conquistare nuove fette di mercato, soprattutto ai fini della raccolta di pubblicità. Già l'autorità francese per le Comunicazioni aveva espresso molte perplessità sulla TV per i lattanti, così come in Italia, nel 2006, il Consiglio nazionale degli Utenti aveva dichiarato che "una tv per neonati si configura solo come imbonimento e non divertimento"...
Nonostante tutto il progetto è proseguito, e l'A.Ge. ne vuole chiaramente evidenziare i rischi, perché fino a due anni un bambino non ha elaborato sufficienti attività cognitive che lo rendano capace di mediazione, di critica e di scelta.
I neonati e i bambini hanno bisogno di papà, di mamme, di fratelli e nonni con cui giocare; hanno bisogno di contatto, di manipolare, di muoversi, di sperimentare. Proprio nei primi anni si pongono le premesse per lo sviluppo del pensiero, della creatività, delle relazioni interpersonali: Baby TV non potrà che incoraggiare la passività e frenare lo sviluppo psicomotorio. A ciò si aggiungano i rischi per la salute e la predisposizione all'obesità che, secondo molti autorevoli studi scientifici, è indotta dalla prolungata esposizione alla TV. Ancora una volta l'appello è affinché i neonati e i bambini siano rispettati nel loro diritto ad essere piccoli.
L'Italia deve compiere ancora molti passi in avanti: l'Istituzione del Garante dei Minori, la piena autonomia e il rafforzamento delle Autorità di Garanzia e Tutela dei minori di fronte ai media, l'aumento di risorse per realizzare vere politiche familiari, insieme a ludoteche, "spazi genitori", aree urbane verdi accoglienti per le famiglie sono le condizioni per avere, domani, cittadini in salute psicofisica e pienamente attivi. E' necessaria, inoltre, una incisiva azione di "media education" (educazione ai media e con i media), pressoché totalmente assente nel nostro Paese.
La sudditanza alla "TV babysitter" e all'idea che il crescere dei consumi corrisponda al benessere del Paese sono solo frutto della miopia e dell'egoismo di adulti ripiegati su se stessi, che accettano l'idea di mettere al mondo creature teledipendenti, consumatori fidelizzati per i mercati di domani.
Finanziara. E' l'ora del quoziente familiare
I GIORNALI SCOPRONO LA FAMIGLIA.ORA LA PAROLA PASSA A GOVERNO E PARLAMENTO
Il quoziente familiare entri nella Finanziaria
«Dalla lettura dei quotidiani di questi giorni emerge un diffuso interesse al tema della famiglia connesso ai modelli di welfare e soprattutto alla Finanziaria di cui si è avviata la discussione parlamentare. Basti vedere quanto scrivono questa mattina Corriere della Sera, Repubblica, Sole24ore e Avvenire...» afferma Francesco Belletti, presidente del Forum.
«Non possiamo che essere soddisfatti di tanta attenzione, anche se forse tardiva rispetto ai pressanti appelli lanciati dall'associazionismo familiare ed alla volontà popolare espressa un anno fa da quasi un milione e mezzo di cittadini (Petizione per un fisco a misura di famiglia).«Crediamo che il governo abbia i numeri ed i presupposti culturali (vedi la lettera che Berlusconi ha inviato al sottosegretario Giovanardi proprio su questo tema) per avviare un processo che porti ad una fiscalità family friendly. Sia pure nella logica della gradualità chiediamo che nella Finanziaria in discussione venga introdotto un quoziente familiare (o sistema analogo) che impegni le finanze pubbliche nella stessa misura (2,4 miliardi di euro) del Bonus famiglia 2009.«Si tratta, ci sembra, di una proposta ragionevole che non implica spese ulteriori per lo Stato e che può avere un positivo impatto sul sistema economico perché favorisce i consumi delle famiglie. Confidiamo quindi che sui vari emendamenti e proposte che raccolgono la nostra proposta possa venire da maggioranza e opposizione del Parlamento un consenso trasversale. «Il Direttivo del Forum che si riunisce domani a Firenze» conclude Belletti «definirà iniziative di sostegno a tale proposta»
Daniele Nardi
Capo ufficio stampa
Forum delle associazioni familiari
LungoTevere dei Vallati 10,
00186 Roma - tel. 06.6830.9445 - fax 06.4540.5740
Il quoziente familiare entri nella Finanziaria
«Dalla lettura dei quotidiani di questi giorni emerge un diffuso interesse al tema della famiglia connesso ai modelli di welfare e soprattutto alla Finanziaria di cui si è avviata la discussione parlamentare. Basti vedere quanto scrivono questa mattina Corriere della Sera, Repubblica, Sole24ore e Avvenire...» afferma Francesco Belletti, presidente del Forum.
«Non possiamo che essere soddisfatti di tanta attenzione, anche se forse tardiva rispetto ai pressanti appelli lanciati dall'associazionismo familiare ed alla volontà popolare espressa un anno fa da quasi un milione e mezzo di cittadini (Petizione per un fisco a misura di famiglia).«Crediamo che il governo abbia i numeri ed i presupposti culturali (vedi la lettera che Berlusconi ha inviato al sottosegretario Giovanardi proprio su questo tema) per avviare un processo che porti ad una fiscalità family friendly. Sia pure nella logica della gradualità chiediamo che nella Finanziaria in discussione venga introdotto un quoziente familiare (o sistema analogo) che impegni le finanze pubbliche nella stessa misura (2,4 miliardi di euro) del Bonus famiglia 2009.«Si tratta, ci sembra, di una proposta ragionevole che non implica spese ulteriori per lo Stato e che può avere un positivo impatto sul sistema economico perché favorisce i consumi delle famiglie. Confidiamo quindi che sui vari emendamenti e proposte che raccolgono la nostra proposta possa venire da maggioranza e opposizione del Parlamento un consenso trasversale. «Il Direttivo del Forum che si riunisce domani a Firenze» conclude Belletti «definirà iniziative di sostegno a tale proposta»
Daniele Nardi
Capo ufficio stampa
Forum delle associazioni familiari
LungoTevere dei Vallati 10,
00186 Roma - tel. 06.6830.9445 - fax 06.4540.5740
IL PATTO EDUCATIVO di CORRESPONSABILITÀ
La norma lo prevede nella scuola secondaria, anche se molte
scuole primarie l’hanno già realizzato: un esempio virtuoso da
seguire.
Secondo le indicazioni ministeriali (nota 31/07/2008) “il momento di sottoscrizione del
patto, deve avvenire, da parte dei genitori e degli studenti, nell’ambito delle due settimane
di inizio delle attività didattiche e ciascuna istituzione dovrà porre in essere le iniziative più
opportune per la condivisione e la presentazione del patto di corresponsabilità”.
I destinatari naturali del patto educativo sono i genitori. L’obiettivo del patto educativo, in
sostanza, è quello di impegnare le famiglie a condividere con la scuola i nuclei fondanti
dell’azione educativa. La scuola dell’autonomia può svolgere efficacemente la sua
funzione educativa soltanto se è in grado di instaurare una sinergia virtuosa, oltre che con
il territorio, tra i soggetti che compongono la comunità scolastica: il dirigente scolastico, il
personale della scuola, i docenti, gli studenti ed i genitori.
Il “patto” vuole essere dunque uno strumento innovativo attraverso il quale declinare i
reciproci rapporti, i diritti e i doveri che intercorrono tra l’istituzione scolastica e la famiglia.
La norma si limita ad introdurre questo strumento pattizio e a definire alcune
caratteristiche generali, lasciando alla libertà delle singole istituzioni scolastiche autonome
il compito di definire contenuti e modelli applicativi che devono scaturire dalle esigenze
reali e dall’esperienza concreta delle scuole, non potendo essere astrattamente enucleati
a livello centrale.
Ad esempio, a fronte del ripetersi di episodi di bullismo o di vandalismo, ritenendosi di
orientare prioritariamente l’azione educativa al rispetto dell’ “altro”, sia esso persona o
patrimonio, la scuola opererà su un doppio versante:
- da un lato potrà intervenire sulla modifica del regolamento d’istituto individuando le
sanzioni più adeguate,
- dall’altro, si avvarrà del Patto educativo di corresponsabilità, per rafforzare la
condivisione da parte dei genitori delle priorità educative e del rispetto dei diritti e dei
doveri di tutte le componenti presenti nella scuola.
L’azione della scuola tesa alla sottoscrizione del Patto potrà costituire occasione per la
diffusione della conoscenza della parte disciplinare del regolamento d’istituto (così come
degli altri “documenti” di carattere generale che fondano le regole della comunità
scolastica, quali il Piano dell’offerta formativa e la Carta dei servizi).
Con riferimento, poi, alle modalità di elaborazione, il D.P.R. 235/2007 (comma 2 dell’art. 5
bis) rimette al regolamento d’istituto la competenza a disciplinare le procedure di
elaborazione e di sottoscrizione del Patto. Ciò significa che la scuola attribuisce la
competenza ad elaborare e modificare il patto in questione al Consiglio di istituto, dove
sono rappresentate le diverse componenti della comunità scolastica, ivi compresi i genitori
e gli studenti.
Come punto di riferimento nel definire i contenuti del patto si può tenere la Carta dei
Servizi Scolastici (DPCM 9 giugno 1995 ) che prevede che “sulla base del contratto
formativo, elaborato nell’ambito ed in coerenza degli obiettivi formativi definiti ai diversi
livelli istituzionali:
il genitore deve conoscere l’offerta formativa, esprimere pareri e proposte, collaborare
nelle attività; il docente deve esprimere la propria offerta formativa, motivare il proprio
intervento didattico, esplicitare le strategie, gli strumenti di verifica, i criteri di valutazione.”
Altro documento molto interessante è, più recente, quello riguardante l’insegnamento di
Cittadinanza e Costituzione che afferma come “i rapporti tra scuola e famiglia sono la
prima cerniera che connette il mondo degli affetti familiari con quello delle relazioni e delle
istituzioni sociali, ossia il mondo del privato con quello del pubblico.”
Essendo riconosciuta dalla Costituzione, che responsabilizza l’intera Repubblica nei
confronti della genesi e dell’esercizio dei suoi compiti, la famiglia dovrebbe essere anche il
primo ambiente in cui si prende coscienza dei crediti e dei debiti che abbiamo nei confronti
di questo “patto fondativo”, stipulato da generazioni passate, a beneficio e per conto anche
delle presenti e delle future.
Ed è questo il vero fondamento del “patto educativo di corresponsabilità” fra scuola e
genitori, richiesto dalla normativa vigente. In questa ottica il patto di corresponsabilità
segna una tappa fondamentale, è uno strumento insostituibile di interazione scuolafamiglia,
poiché coinvolge direttamente insegnanti, alunni e genitori invitandoli a
concordare, responsabilmente, modelli di comportamento coerenti con uno stile di vita in
cui si assumono e si mantengono impegni, rispettando l’ambiente sociale in cui si è
ospitati. La valenza educativa di tale strumento sta anche e soprattutto nella possibilità di
imparare a valutare il significato delle proprie azioni in relazione alle norme che connotano
il vivere civile, e ai vantaggi evolutivi che la condotta pro-sociale comporta: fiducia in se
stessi; riconoscimento da parte della comunità del proprio valore; possibilità di fare
affidamento sugli altri in un clima di stima reciproca.
Il “Patto educativo di corresponsabilità educativa tra genitori e scuola” rischia di essere
stravolto e ridotto ad “un accordo consensuale per la riparazione dei danni” causati dai figli
agli edifici o alle strutture scolastiche. La corresponsabilità, a nostro parere, deve essere
educativa, prima che “responsabilità civile” per riparare i danni.
(a cura di Giuseppe Richiedei)
domenica 1 febbraio 2009
la scuola - articolo dal Bresciaoggi
LA SCUOLA.
Si stanno mettendo a punto in questi giorni le proiezioni sull'applicazione dei regolamenti relativi alla futura rete scolastica e alla gestione del personale Riforma scolastica: 300 docenti a rischio di Francesco Apostoli Il mondo della scuola è in subbuglio in vista della pubblicazione dei regolamenti per l'attuazione delle leggi 133 e 169 che disciplinano rispettivamente la riorganizzazione della pubblica aministrazione e le disposizioni urgenti in materia di istruzione e università. Apprensione in particolare sulle modalità di applicazione del «Regolamento relativo alla rete scolastica e alla gestione del personale», approvato lo scorso 18 dicembre per rendere operative le novità sulla scuola introdotte con la Finanziaria. Per le organizzazioni sindacali rimangono ancora tanti interrogativi, a cominciare dai tagli degli organici e la formazione delle classi (potrebbe aumentare di due unità il numero di alunni per classe). Al centro dell'attenzione anche la nuova configurazione della scuola elementare con «le nuove regole sulla mobilità per chi perde il posto» e il destino di alcune classi di concorso. Tutti in apprensi one soprattutto per il paventato taglio delle ore destinate alle compresenze e il conseguente ridimensionamento generale dell'organico. SECONDO LE PRIME stime, in provincia di Brescia sarebbero a rischio 150 posti alla scuola primaria, 100 alla secondaria di primo grado (la media) e altrettanti alle superiori. Si tratta di stime «al ribasso» affermano i sindacati, non ancora ufficiali dato che solo dalla fine del mese di gennaio (i regolamenti dovrebbero essere resi noti intorno al 22) si potrà avere un quadro complessivo dei tagli in programma. Più o meno si parla di tre o quattro insegnanti in meno per scuola. Secondo i sindacati i primi a pagare saranno «precari e docenti assunti a tempo determinato di anno in anno». Ma che cosa significa riduzione delle compresenze? Se oggi su due classi elementari - per esempio - sono presenti tre insegnanti, le maestre dall'anno prossimo potrebbero passare a due. Le ore di compresenza vengono anche destinate ad operazioni di prima alfabetizzazione per stranieri, ma anche per il recupero delle lacune degli studenti. Una serie di attività che potrebbe essere sospese già a partire dal prossimo anno scolastico. DI TAGLI «previsti», ma ancora da decifrare nel dettaglio parla anche Giuseppe Colosio, dirigente scolastico provinciale che, per il momento, cerca di buttare acqua sul fuoco. «Le compresenze sono modalità che adottano le singole scuole per svolgere attività didattica autonoma e specifica nell'ambito delle risorse di organico a disposizione» spiega. Il fenomeno appare contenuto sul breve periodo (nell'ambito della riduzione si tiene conto anche dell'imminente «ondata» di pensionamenti), ma - secondo le organizzazioni sindacali - dovrebbe portare ad una progressiva riduzione dell'organico di circa 150 mila unità (a livello nazionale) nei prossimi anni. In attesa di conoscere il contenuto dei regolamenti, tremano diverse classi di concorso: i tagli potrebbero infatti colpire materie considerate «minori» come le seconde lingue (dove l'insegnante preposto non sia di ruolo) o le discipline con orari ridotti (come l'educazione tecnica nella scuola media). «Fino a quando non saranno resi pubblici i regolamenti è difficile dare una stima precisa dei tagli - prosegue Co losio -. È probabile che ci sia una decurtazione, di sicuro in rapporto inferiore rispetto al numero complessivo degli insegnanti in servizio sul territorio provinciale che ad oggi sono circa 14 mila».
la scuola - articolo dal Bresciaoggi
LA SCUOLA.
Si stanno mettendo a punto in questi giorni le proiezioni sull'applicazione dei regolamenti relativi alla futura rete scolastica e alla gestione del personale Riforma scolastica: 300 docenti a rischio di Francesco Apostoli Il mondo della scuola è in subbuglio in vista della pubblicazione dei regolamenti per l'attuazione delle leggi 133 e 169 che disciplinano rispettivamente la riorganizzazione della pubblica aministrazione e le disposizioni urgenti in materia di istruzione e università. Apprensione in particolare sulle modalità di applicazione del «Regolamento relativo alla rete scolastica e alla gestione del personale», approvato lo scorso 18 dicembre per rendere operative le novità sulla scuola introdotte con la Finanziaria. Per le organizzazioni sindacali rimangono ancora tanti interrogativi, a cominciare dai tagli degli organici e la formazione delle classi (potrebbe aumentare di due unità il numero di alunni per classe). Al centro dell'attenzione anche la nuova configurazione della scuola elementare con «le nuove regole sulla mobilità per chi perde il posto» e il destino di alcune classi di concorso. Tutti in apprensi one soprattutto per il paventato taglio delle ore destinate alle compresenze e il conseguente ridimensionamento generale dell'organico. SECONDO LE PRIME stime, in provincia di Brescia sarebbero a rischio 150 posti alla scuola primaria, 100 alla secondaria di primo grado (la media) e altrettanti alle superiori. Si tratta di stime «al ribasso» affermano i sindacati, non ancora ufficiali dato che solo dalla fine del mese di gennaio (i regolamenti dovrebbero essere resi noti intorno al 22) si potrà avere un quadro complessivo dei tagli in programma. Più o meno si parla di tre o quattro insegnanti in meno per scuola. Secondo i sindacati i primi a pagare saranno «precari e docenti assunti a tempo determinato di anno in anno». Ma che cosa significa riduzione delle compresenze? Se oggi su due classi elementari - per esempio - sono presenti tre insegnanti, le maestre dall'anno prossimo potrebbero passare a due. Le ore di compresenza vengono anche destinate ad operazioni di prima alfabetizzazione per stranieri, ma anche per il recupero delle lacune degli studenti. Una serie di attività che potrebbe essere sospese già a partire dal prossimo anno scolastico. DI TAGLI «previsti», ma ancora da decifrare nel dettaglio parla anche Giuseppe Colosio, dirigente scolastico provinciale che, per il momento, cerca di buttare acqua sul fuoco. «Le compresenze sono modalità che adottano le singole scuole per svolgere attività didattica autonoma e specifica nell'ambito delle risorse di organico a disposizione» spiega. Il fenomeno appare contenuto sul breve periodo (nell'ambito della riduzione si tiene conto anche dell'imminente «ondata» di pensionamenti), ma - secondo le organizzazioni sindacali - dovrebbe portare ad una progressiva riduzione dell'organico di circa 150 mila unità (a livello nazionale) nei prossimi anni. In attesa di conoscere il contenuto dei regolamenti, tremano diverse classi di concorso: i tagli potrebbero infatti colpire materie considerate «minori» come le seconde lingue (dove l'insegnante preposto non sia di ruolo) o le discipline con orari ridotti (come l'educazione tecnica nella scuola media). «Fino a quando non saranno resi pubblici i regolamenti è difficile dare una stima precisa dei tagli - prosegue Co losio -. È probabile che ci sia una decurtazione, di sicuro in rapporto inferiore rispetto al numero complessivo degli insegnanti in servizio sul territorio provinciale che ad oggi sono circa 14 mila».
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